Online e offline sempre più simili, sempre più vicini.
Premessa con un pò di dati
Non c’è settimana che non si parli di quanto l’e-commerce cresca e con esso la paura che sostituisca il negozio fisico. Nel 2018 è stata raggiunta quota 453 miliardi di dollari contro i 3,496 miliardi di acquisti cosiddetti “tradizionali”.
La percentuale di quanti preferiscono recarsi di persona nei negozi, per vedere, provare ed acquistare i prodotti è la stragrande maggioranza, l’
87% del totale. E se Amazon ha deciso di acquistare la catena Whole Foods, aprire punti vendita con il suo marchio (Amazon Go, Amazon 4-star, Amazon Books vedi
link) significa che il “brick and mortar”, come chiamano gli inglesi i punti vendita nel futuro ci riserveranno delle novità.
E’ un errore pensare che siano solo i giovanissimi a cambiare le abitudini del commercio globale, più spesso sono i c.d.
heavy spender, ovvero coloro che hanno tra i 25 e 55 e maggiore capacità di spesa ad acquistare online.
L’Italia è fanalino di coda tra i paesi del G8 nelle penetrazioni degli acquisti online sul totale: 6% contro il 19% di UK, 14% di Germania e il 12% della Francia.
Fatta salva l’eccezione, negativa, del settore alimentare (0,5%), l’incidenza media dell’online sul totale del fatturato è del 5% nell’arredamento e del 31% nel turismo. La più grande rivoluzione in atto è nel settore dell’abbigliamento che tra il 2017 e 2018 è cresciuto del 33%.
Nell’aprile 2018 è stato pubblicato un rapporto nel quale è emerso che il 46% dei negozi associati a Confcommercio non ha un sito web, il 63% non usa né i social né fa pubblicità online per coinvolgere o raggiungere i propri clienti, pertanto non c’è da stupirsi se l’84% non vende online.
L’esperienza d’acquisto al centro
La Customer Experience è sempre più complessa e personalizzata, il cliente desidera essere al centro dell’attenzione del brand e quest’ultimo deve fare i conti con WebRooming e ShowRooming; con il primo termine s’intende che il brand, nonostante cerchi di migliorare e potenziare il proprio sito ecommerce, il cliente preferirà usarlo come catalogo per poi recarsi per l’acquisto nel punto vendita più vicino (ROPO = Research Online Purchase Offline), nel secondo trend avviene l’opposto, i centralissimi e costosi negozi fungono da showroom, esposizioni di prodotti in cui i clienti toccano e provano i prodotti e poi scelgono di acquistare nel sito online più conveniente (TOPO = Try Offline Purchase Online).
I costi e i tempi di consegna sono spesso scomodi
I costi e i tempi di consegna sono spesso scomodi, ecco che il 35% degli acquirenti online del Regno Unito compra in rete e ritira da sé direttamente dove è più comodo nella rete di affiliati al brand, rispetto al 13% degli Stati Uniti e del 5% in Germania. Si chiama
Click & Collect ed è un fenomeno destinato a raddoppiare nei prossimi due anni, i grandi brand si stanno attrezzando per offrire questa esperienza di acquisto ancora poco diffusa in Italia e Spagna.
Amazon ha reso disponibile da poco anche in Italia, il servizio
Amazon Counter, per ritirare i propri pacchi nei punti Sisal, oltreché nelle librerie Giunti e sono certo che la lista si allungherà.
L’italianissima
Yamamay, il brand di intimo e abbigliamento mare, propone nel nuovo flagship store di Milano una nuova esperienza di acquisto con: Anna,
un chatbot integrato ad un sistema di intelligenza artificiale che nelle vesti di
personal stylist aiuta a scegliere il look ideale scegliendo tra i modelli della collezione; e poi touchscreen interattivi, ologrammi 3D, oltre ad una
personal shopper dedicata (quelle che una volta chiamavamo commesse) che ti accompagna dal tuo ingresso fino al momento del pagamento, consentendo grazie a dispositivi di pagamento wireless di evitare la fila alle casse.
AI (
Intelligenza Artificiale), VR (
Realtà Virtuale) e AR (
Realtà Aumentata) sono considerate le tre principali tecnologie che verranno adottate nel commercio al dettaglio nei prossimi cinque anni, contestualmente dovranno essere integrate nei propri eCommerce (
human-centered design).
Il sorriso e la presenza del commesso/a sono fondamentali per fare
upselling laddove i prodotti non possano essere tutti esposti, per assicurare un più ampio coinvolgimento nell’esperienza d’acquisto e stabilire
loyalty, per far trovare/toccare/provare il prodotto.
In questi casi il marketing deve maggiormente identificare il target di clientela a cui rivolgersi e una volta scoperto proporre un
customer journey personalizzato (Vedi
definizione su Wikipedia).
Quando si prova ad essere interessanti per tutti, si rischia di non essere rilevanti per nessuno.
Google e Facebook pensano “Local”
Tutti gli analisti confermano che per i big della pubblicità digitale sarà crescita a doppia cifra quanto prima si migliorerà l’integrazione tra attività online e offline.
Google ha lanciato nel 2018, Google Signals, una nuova feature di Google Analytics con l'obiettivo di intercettare le intenzioni delle ricerche di potenziali clienti che saltano tra dispositivi e piattaforme differenti integrandola della posizione geografica, estendendo il principio statico di “vicino a” con quello più dinamico di “lungo il mio percorso”, da “local to me now” a “local to me later”.
Sia Google che Facebook da alcuni anni stanno testando (in USA, Australia, Brasile, Canada, Francia, Germania, Giappone, Svizzera e Regno Unito) con grandi catene commerciali gli strumenti per il tracciamento delle conversioni in negozio “Store Visit Insight” con le campagne di prossimità “Drive-to-store”.
Google Ads ha già inserito questa metrica che preleva la posizione dell’utente Android o Apple dalla Location History, la Cronologia delle Posizioni (ovviamente se attivata).
[ Attenzione abbiamo parlato finora di “visita al negozio”, non di “acquisto in negozio”, per estrapolare questo valore sarà fondamentale incrociare i dati del gestionale del punto vendita e lo user-id (o altro dato, privacy permettendo) di Google.]
Ci sono alcuni requisiti per far sì che Google attivi il report “Store visits”: avere Google Analytics con Google Signals attivo, Google Ads con le estensioni di località attive e Google My Business collegato con loro.
Case history
Il
mercato dell’automotive è molto interessato a questa metrica, il caso di BMW UK è emblematico; considerando che il 90% dei loro acquirenti effettua ricerche online e si vede gli ultimi test drive su Youtube ha scoperto che il 3,5% dei click generati da campagne Google comportava una visita al concessionario entro 30 giorni e un acquisto ogni 173. Da qui la considerazione di continuare ad investire online ed ottimizzare le campagne inviando potenziali lead in concessionaria.
A maggio 2019, al Google Marketing Live, l’evento in cui Google presenta le novità delle sue piattaforme, grande attenzione di Big G al “retail” con due speech monotematici, l’annuncio del roll-out di alcuni prodotti “local” ed i risultati raggiunti laddove sono stati sperimentati (aumento sorprendente delle conversioni che a seconda delle categorie merceologiche va dal 70% al 400%).
Pianetaitalia.com come Google Partner ha avuto la possibilità di conoscere la versione “beta” del servizio già nel 2018.
I
requisiti per potervi accedere erano molto restrittivi, i due più importanti:
- disporre di almeno 30 sedi nel proprio Google My Business, ed un ;
- ampio traffico di ricerca mensile (nell'ordine di 100.000 clicks);
gli altri possono essere trovati nella guida di Google a questo indirizzo
link.
Se anche non si riuscisse nell’immediato a soddisfare tutti i requisiti sopra indicati è fondamentale lavorare fin da subito sul fatto che si possano gestire le schede di Google My Business centralmente, per permettere di portare traffico localizzato al punto mappa più vicino alla ricerca dell'utente.
Ecco come si presenta l’annuncio su Google* (*tra breve anche su Maps):
Il
titolo dell'annuncio contiene la posizione del negozio e indica anche che è in corso una vendita. L'
URL di visualizzazione menziona la posizione del negozio, che viene ulteriormente rafforzata nel testo del corpo dell'annuncio. Nella terza riga dell'annuncio, le e
stensioni callout forniscono ulteriori informazioni utili sul marchio, ad esempio pagamenti sicuri, ore di assistenza clienti e il numero di negozi in tutto il paese.
Infine, le
estensioni di località forniscono un collegamento a Google Maps, mentre il link di Google My Business (GMB) mostra gli orari di apertura e informa l'utente che il negozio è attualmente chiuso.
Suggeriamo, per una gestione efficiente di dotarsi di
soluzioni di store locator che consentano oltre a GMB, di sincronizzare ed aggiornare i punti mappa anche su altre network come Waze, Bing Map, Facebook Locations, Apple Maps solo per citare i più diffusi e conosciuti.
Conclusioni
La prima conclusione che possiamo trarre è che la Local Strategy per un luogo pubblico (hotel, ristorante, negozio, azienda, professionista) si basa sull’esistenza, la correttezza e la completezza della scheda Google My Business, la seconda, lato utilizzatore è che il vero protagonista, colui che identifica il nostro consumatore è il suo smartphone con Google Maps (tra le 10 prime app più scaricate e più usate al mondo) installato e con il segnale GPS abilitato.
Per chi avesse anche solo un punto vendita rimane possibile fare campagne geolocalizzate Local.
Il cliente si muove con disinvoltura tra online e offline, tra un canale all’altro talvolta senza notarne neppure le differenze, s’informa ed acquista dove è più comodo e conveniente.
Se pensate ad un hotel, ma anche un ristorante ed al business connesso del “food delivery” (Uber Eat, Just Eat, ecc..) le informazioni presenti, nella scheda GMB o equivalente in Facebook, possono limitare o celebrare il successo del locale riducendo l’esperienza dell’utente solo alla degustazione del prodotto; il cibo, piuttosto che completarla con quella per esempio della scelta del vino, del servizio e del design del locale. Vendete cibo o esperienze gastronomiche ?
Omnichannel (omnicanalità)
La catena Macy’s quando ha saputo che i clienti omnicanali spendevano 8 volte di più rispetto a quelli che acquistano attraverso solo uno, ha iniziato la ristrutturazione interna riunendo i team di merchandising, marketing online e offline, per creare uno con una visione unica.
Ecco quindi che diverrà naturale aggiungere alle “tradizionali” attività ads, email marketing, social, blogging/article marketing anche campagne Local per sviluppare una strategia di omnicanalità, realmente completa, dove virtuale e reale si fondano e comunichino l’una con l’altra.
Il “Drive-to-Store" è una strategia di marketing nata per portare potenziali clienti che si trovano entro una certa prossimità geografica nei negozi fisici. Richiede grande attenzione all’esperienza dell’utente, della c.d. Customer Journey e l’utilizzo di CRM e strumenti di marketing automation.
Non è sufficiente utilizzare solo i dati degli incassi giornalieri, ma diventa obbligatorio raccogliere dati relativi al proprio buyer personas da tutti i touchpoint disponibili, informazioni ottenibili da programma di fedeltà, iscrizioni a newsletter, social network.
In passato le inaugurazioni di nuovi punti vendita, vendite speciali e presentazioni di nuovi prodotti, promozioni erano appannaggio di radio e volantini, ora è possibile sfruttare la potenza dei social, delle web community locali (es. portali news informativi e siti locali) e soprattutto delle app di geolocalizzazione per condurre un numero potenzialmente molto più ampio di clienti nei negozio o contemporaneamente incrementare le proprie vendite web.
Se siete interessati ad approfondire questo tema, scriveteci sarò lieto di conoscere la vostra esperienza.